Storia della subacquea e delle immersioni

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La storia della subacquea è alla base di qualsiasi corso introduttivo alle immersioni con le bombole, capire cosa è successo in passato e perché aiuta a digerire meglio quelle che sono le nozioni con cui bisogna familiarizzare prima di iniziare con le immersioni.

Per lo meno nel mio percorso in questo mondo mi è stato di grande aiuto per capire cosa non si può fare e soprattutto per intendere al meglio le nozioni di fisica che bisogna necessariamente apprendere per capire come funziona il sistema SCUBA.

La storia della subacquea

Fin dai tempi antichi l’uomo si è spinto nelle acque sia salate che dolci principalmente con l’obiettivo di procacciarsi del cibo, si può infatti affermare che la storia della subacquea e delle immersioni inizia con quella dell’uomo.

Tempi antichi

Le prime prove certe di attività subacquea risalgono all’antica Grecia, anche se indizi di vario genere sono stati trovati anche presso popolazioni primitive.

Alcuni scritti dell’epoca ellenica riportano di episodi in cui la gente si immergeva in apnea oppure di attacchi Spartani furtivi in riva al mare oppure ancora di pescatori che si immergevano per recuperare organismi marini quali frutti di mare, spugne ed alghe.

Fino a questo momento non ci sono prove documentali dell’esistenza di un’attrezzatura da immersione particolare e si specula che i primi tentativi di conquista delle profondità marine avvenivano con tubi rudimentali che consentivano di respirare non oltre i 30 cm di profondità. Oltre questa soglia infatti inizia a diventare difficile respirare sul fondo a causa della pressione.

La rivoluzione di Alessandro Magno

Il grande passa avanti si registra nel 330 a.c. quando durante una battaglia, Alessandro Magno, distrusse le trappole marine dei rivali Fenici, avvalendosi dei suoi subacquei che si immergevano con la celebre campana subacquea che fu addirittura riporatata negli scritti di aristotele.

L’invenzione era tanto innovativa quanto semplice: un grande recipiente immerso al contrario in modo da essere in grado di trattenere dell’aria al suo interno, portato sul fondo del mare grazie ad un sistema di zavorre.

Ovviamente il grande limite risedeva nella limitata disponibilità d’aria e nel fatto che dopo varie respirazioni da parte dei soldati l’ossigeno si trasformava in anidride carbonica. Malgrado queste evidenti limitazioni, si trattava del primo passo in avanti in ambito tecnologico verso l’esplorazione marina.

storia della subacquea
una versione moderna per turisti dello scafandro

L’invenzione degli Scafandri e Palombari

Secoli dopo, anzi oltre un millennio più tardi, vide la luce l’invenzione che prese il nome di scafandro. Si trattava di una via di mezzo tra una campana e una tuta da palombaro, una sorta di esoscheletro rigido da cui spuntavano due prolunghe sigillate per poter operare con mani e braccia.

La sua invenzione si attribuisce al monaco Jean Baptiste de la Chapelle nel 1775 e, come per molte innovazioni tecnologiche, il suo uso fu sporadico e limitato ad usi militari. L’idea era infatti quella di utilizzare lo scafandro per raggiungere dal fondo fortificazioni ed imbarcazioni nemiche per distruggerle o affondarle ma dal momento che le pompe utilizzate per spingere l’aria al loro interno non erano spesso adeguate.

Altro grande limite era dettato dal fatto che la sopravvivenza del subacqueo era al 100% dipendente dal lavoro di almeno due addetti alle pompe in superficie: presto si rivelò essere davvero poco pratico e al tempo stesso rischioso.

Poche decadi dopo, lo scafandro diede vita all’inizio dell’800 al famoso casco da palombaro, che, detto in poche parole era una campana in cui veniva pompata aria che si appoggiava sulle spalle del subacqueo. Il grande limite in questo caso era dato dal fatto che era un oggetto molto pesante ed in caso di caduta o di eccessiva inclinazione da parte della persona immersa, i rischi per la vita erano importanti.

I cassoni e le malattie da pressione

Con l’avvento dei palombari iniziano le cosidette operazioni di “Recupero Subacqueo”, vale a dire fu possibile portare a termine lavori di diversa natura sul fondo del mare. L’industria dei lavori subacquei si andò espandendo nelle moderne società industriali (soprattutto Gran Bretagna) durante tutto il 1800 e portò all’invenzione dei cassoni.

Si trattava di vere e proprie scatole all’interno delle quali veniva pompata aria per permettere agli operai impegnati nella costruzioni di ponti, tunnel, ecc.

Fu proprio in questo periodo che si iniziarono a registrare dei problemi di salute tra i lavoratori marini che venivano definiti come “reumatismi” (sbagliando) oppure “bends” dal momento che provocavano difficoltà nell’assumere una posizione eretta a chi ne soffrivo. Oltre a questo si iniziarono a registrare disturbi di vario genere e morti. A questo punto della storia della subacquea non si conoscevano gli effetti della pressione sul corpo umano.

Bisognerà aspettare fino al 1880 per arrivare a capire che la pressione è nociva per il corpo umano e che la riemersione doveva avvenire in maniera graduale a seconda di tempo e profondità a cui si lavora. Questa scoperta è stata fatta dal fisiologo francese Paul Bert il quale elaborò delle linee guida in forma di tabelle.

A questo punto restava solo scoprire come si comporta l’azoto nel sangue quando la pressione varia nel tempo per evitare la narcosi da azoto.

Il moderno sistema scuba

Siamo nel 1943 e due pionieri dei mari, Jacques Cousteau e Emile Gargnan sviluppano una prima versione di erogatori a richiesta che potevano funzionare con bombole come quelle moderne. Ovviamente bisogna tenere in considerazione che questo non sarebbe stato possibile senza la presenza di altre tecnologie quali le stesse bombole per contenere liquidi ad alta pressione e l’invenzione dei compressori.

Siamo a questo punto della storia delle esplorazioni sottomarine che viene coniato il termine “SCUBA”, Self Contained Underwater Apparatus. Siamo nel punto della storia della subacquea in cui per la prima volta una persona in totale autonomia può iniziare ad esplorare le profondità marine senza dipendere da corde, tubi e pompe di superfice.

Naturalmente non furono tutte rose e fiori e la tecnologia doveva essere ancora perfezionata: gli incidenti erano all’ordine del giorno a causa dei componenti ancora poco sicuri. Ad ogni modo la svolta più importante fu nel 1955 quando nell’attrezzatura scuba fu introdotto l’uso di un manometro che è in grado di tenere informato il subacqueo della quantità d’acqua residua nelle bombole.

Da questo momento in poi possiamo dire che si sono iniziati ad utilizzare i sistemi moderni di respirazione subacquea e che quelli che utilizziamo oggi ne sono un’evoluzione.

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